Cooperazione Weekend

La moda inclusiva: da unisex a genderless

Che certi capi di abbigliamento siano riservati a un determinato sesso è un’idea superata. D’altronde, la moda gender fluid non è una novità.

Testo: Claudia Hottiger / Foto: Alamy, Getty Images, Keystone

Pantaloni da donna? Prima di Coco Chanel, quasi impensabili.
Pantaloni da donna? Prima di Coco Chanel, quasi impensabili.
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Completo Smoking, cappello a cilindro e sigaretta: Marlene Dietrich sfida gli stereotipi di genere.
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Marlene Dietrich amava giocare con gli abiti e i ruoli di genere.
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A Jimi Hendrix piacevano i colori e gli outfit stravaganti.
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Pizzo e volant, roba da donne? Non per Jimi Hendrix.
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David Bowie si divertiva a giocare con l’ambiguità sessuale.
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Un uomo in un abito lungo da donna? Perché no, nulla era impossibile per David Bowie.
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La tutina glitterata e scintillante fa parte del guardaroba di Harry Styles.
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Abito di velluto dalla silhouette a clessidra e corpetto floreale per Harry Styles al Brit Awards 2023.
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Kid Cudi se ne frega della mascolinità tossica.
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Kristen Stewart in “giacca e cravatta” al Met Gala di quest’anno.
Kristen Stewart in “giacca e cravatta” al Met Gala di quest’anno.
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Gli uomini al reparto uomini e le donne al reparto donne. È così che si fa, no? Mica tanto. È vero che la moda è stata per lungo tempo suddivisa in queste 2 categorie, ma come in altri ambiti della vita, anche nell’abbigliamento ci stiamo lentamente allontanando dalla binarietà di genere. È la tendenza della gender fluid fashion, ossia il movimento che vuole farla finita una volta per tutte con i rigidi stereotipi di genere nella moda. Quindi, basta con i vestiti riservati ai soli uomini o alle sole donne. C’è chi dirà: «Ah, un’altra di queste inutili novità!». E invece è qualcosa di tutt’altro che nuovo. L’abbigliamento neutrale dal punto di vista del genere esiste infatti da molto tempo.

1. Emancipazione femminile

Se le donne oggi possano indossare i pantaloni è merito di Coco Chanel (foto in alto). E di Venezia. Sì, perché la famosa icona della moda trovava troppo faticoso salire in gondola con la gonna e così inventò un pantalone da donna. Il prototipo, che negli anni ‘20 venne prodotto in serie con il nome di yachting pant assurse a simbolo dell’emancipazione femminile. Prima i pantaloni erano stati a lungo una prerogativa degli uomini. Ma Chanel non si fermò lì: dichiarò guerra al corsetto e in alternativa elaborò indumenti di jersey di cotone, un tessuto fino ad allora riservato alla biancheria intima da uomo. Anche il suo lavoro contribuì quindi all’emancipazione delle donne. Negli anni ‘30, Marlene Dietrich portò la moda androgina a Hollywood, ostentando cappello a cilindro, sigaretta e completo maschile. Un altro passo importante fu compiuto da Yves Saint Laurent negli anni ‘60: il suo Le Smoking fu il primo completo con pantalone per donne. Ed è così che siamo arrivati al giorno d’oggi, in cui le donne possono indossare tutto quello che un tempo era stato riservato ai maschi.

2. Contro la mascolinità tossica

Quando il dio della chitarra Jimi Hendrix è salito sul palco con un giacchino bolero di velluto con pizzo, nessuno ha detto: ammazza, che look femminile! E non è stato l’unico sex symbol maschile degli anni ‘60 e ‘70 a stravolgere a piacere gli stereotipi di genere nell’abbigliamento. Un altro esempio eclatante è quello di David Bowie (nella foto di testa), che ha creato una serie di personaggi sgargianti tutt’altro che virili. Anche l’ondata glam rock e i new romantics degli anni ‘80 adoravano stravolgere i ruoli di genere. In questo modo, i palcoscenici della musica hanno contribuito a cambiare la percezione di quello che dovrebbe essere tipicamente maschile, spingendosi fino all’ostentazione di capi d’abbigliamento che fino ad allora erano stati considerati da donna. Se ne sono poi ispirati celebri stilisti come Jean-Paul Gaultier, che a un certo punto ha fatto sfilare i suoi modelli maschili con la gonna. La lotta contro la mascolinità tossica passa anche da queste cose.

3. Dalle star al mainstream

Oggi diamo per scontato che le donne possano scegliere se andare in giro indossando un bel vestitino o pantaloni baggy e sneakers. Anche durante l’edizione di quest’anno del Met Gala, la maggior parte della gente ha trovato geniale che l’attrice Kristen Stewart (foto in alto) si sia presentata con un semplice bolero e pantaloni larghi, mentre molte sue colleghe erano agghindate in abiti stravaganti. Agli occhi di certe persone continua invece a fare scalpore quando un uomo come Harry Style (foto in alto) sfoggia un look che ridefinisce la “mascolinità”. E questo nonostante gli antecedenti di David Bowie e compagnia. Ma a Styles non gliene può fregare di meno e non si fa problemi a indossare abiti a paillettes o collane di perle. Oppure, come sulla copertina di Vogue, un abito femminile di Gucci. E non è l’unico: anche il rapper Kid Cudi è già apparso in pubblico con un look simile. Ma la gender fluid fashion non spopola solo fra le grandi celebrità. Gradualmente si sta diffondendo anche nel mainstream. Molti marchi propongono già collezioni non conformi agli stereotipi di genere, incoraggiando così un cambiamento di mentalità in seno alla società.

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Harry Style: collana di perle, fr. 149.–, da Christ Orologi & Gioielli.
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Cooperazione Weekend

Cooperazione e 20 minuti, i due più grandi quotidiani svizzeri uniscono le forze per accompagnare i lettori nel fine settimana con una rivista di tendenza. «Cooperazione Weekend» viene pubblicato ogni venerdì in tre lingue online e al centro del giornale 20 minuti. La responsabilità dei contenuti (parole, immagini) e dei link esterni è della Cooperativa Coop.