Testo: Tatiana Tissot / Illustrazione: Jihyun Lee / Foto: Stocksy
Segno di bellezza e di status sociale, la pelle pallida è stata un ideale che in Occidente è durato secoli, soprattutto per le donne. In alcune culture, per esempio in Asia, è ancora così. Da noi il canone di bellezza è cambiato circa cent’anni fa, ma è vero che prima di allora esporre il proprio corpo era tabù. Abbiamo cominciato ad apprezzare l’abbronzatura verso gli anni Trenta, tendenza che si è rafforzata con l’arrivo delle vacanze pagate, del rituale della spiaggia e degli sport all’aperto. L’abbronzatura ha quindi cominciato a essere associata alle vacanze e alla salute. Poi, nel corso del XX secolo, si è arrivati ai primi eccessi. Negli anni Ottanta, per esempio, andava di moda il solarium, che consente di rimanere abbronzati tutto l’anno, ma si è rivelato molto nocivo. La prima crema solare risale al 1936, ma nemmeno i filtri riducono i rischi a zero. Per paura del cancro della pelle, oggi ci si espone al sole con precauzione… oppure si bara!
Quando si parla di abbronzatura, si pensa soprattutto all’aspetto estetico di questo processo. Ma se la tua pelle diventa più scura, un motivo c’è. La colorazione, che varia a seconda del tipo di pelle, è un meccanismo di difesa naturale del corpo. I raggi UVA e UVB fanno male alla pelle perché generano radicali liberi, elementi instabili che possono danneggiare le cellule e il DNA. Questo può aumentare il rischio di un invecchiamento cutaneo accelerato e dell’insorgenza del cancro. La pelle si difende producendo melanina, un pigmento che forma una specie di cappello per proteggere le cellule dell’epidermide. Ogni tipo di pelle ne produce in quantità diverse e il risultato è che ci si abbronza. Ma la protezione che ne risulta non è del 100%! Per questo è importantissimo usare la crema solare.
Un po’ di autoabbronzante e in poche ore hai una tintarella da spiaggia! Ma è un processo diverso da quello ottenuto con l’esposizione al sole. In soldoni, l’autoabbronzante contiene delle molecole della famiglia degli zuccheri che reagiscono a contatto con gli amminoacidi. Ne risulta la cosiddetta reazione di Maillard (molto sfruttata anche in cucina!), che porta a una colorazione temporanea sulle cellule morte dello strato più superficiale della pelle. Attenzione: questa “finta abbronzatura” non protegge dai raggi UV e non dispensa dall’uso di una crema solare. Quando la pelle morta si stacca attraverso un ciclo naturale che dura tra i 5 e i 7 giorni, l’abbronzatura svanisce.
Se diffidi degli autoabbronzanti, sappi che i prodotti in commercio oggi sono migliorati assai: niente a che vedere con quelli di una volta, che lasciavano striature o antiestetiche tracce arancioni. Andavano applicati in modo uniforme, il che era una missione quasi impossibile. Il riflesso carota era dovuto a un’eccessiva concentrazione della molecola diidrossiacetone (DHA). Le formule attuali sono più equilibrate e facili da applicare. I nostri autoabbronzanti preferiti sono quelli a gocce (bronzing drops) proposti da varie marche e che si aggiungono alla crema viso con un contagocce. Puoi dosarli a seconda dell’effetto desiderato. Poiché il loro uso può seccare la pelle, ricordati di idratarla a dovere.
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